Come fare ad essere
legare la vita, esistere.
Non aspetterò che di trasformarmi
Io nascerò di nuovo.
(Giacomo 1995)
La gioia ha i piedi scalzi
G. De Nuccio
N. Prandoni F. Scarso
Edizioni ETS
Pisa Dicembre 2014
“Luoghi e volti amati ritratti da due
viaggiatori appassionati e poesie che
nascono da emozioni condivise
narrano di un’intesa, quella tra gli
autori, che supera un evidente
divario di etàed esperienza.
Due linguaggi diversi per raccontare,
in modo piacevole e non
accademico, anche un singolare
viaggio all’interno di realtà per lo più
faticose eppure affrontate con
semplicità soridente.
Una straordinaria avventura vissuta
e immaginata.”
Sulle ali del cavallo di cristallo
Lo
scrittore
e
poeta
statunitense
Jack
Kerouac
nel
suo
libro
intitolato
“Satori
a
Parigi”
afferma
come
“si
viaggi
per
cambiare
idea”.
Ma
è
proprio
necessario
viaggiare
per
mutare
le
proprie
idee,
ci
si
domanda?
Perché,
nel
caso
di
questo
libro,
nel
caso
di
artisti
che
qui
esprimono
la
loro
empatia
raccogliendo
ciascuno
a
modo
proprio
le
espressioni
del
loro
talento
artistico,
nel
caso
soprattutto
di
uno
degli
artisti,
Giacomo
De
Nuccio,
il
viaggio
non
influenza
la
sua
arte
di
poeta.
Se,
infatti,
Nicoletta
e
Fabio
viaggiano
ripetutamente
in
lungo
e
in
largo
per
tutti
i
continenti,
producendo
fine
materiale
di
testimonianza,
nel
caso
di
Giacomo,
come
dicevo,
non
è
così.
In
questo
libro
che
ha
già
di
per
se
un
titolo
emblematico
(“La
gioia
ha
i
piedi
scalzi”)
il
viaggio
per
Giacomo
è
di
tutt’altro
genere,
è
di
quel
genere
intellettuale
capace
di
sostituire
lo
spostamento
reale
tanto
da
far
credere
di
essere
stato
“al
seguito”.
E’
lo
straordinario
“rovesciamento”
prerogativa
dei
poeti
quando
la
loro
ispirazione
va
oltre
tutto
e
tutti
e
non
è
“testimonianza”,
ma
“affermazione”.
Nel
connubio
fra
le
foto
delle
varie
civiltà
prodotte
da
Nicoletta
e
Fabio
ed
i
versi
aderenti
alle
immagini
di
Giacomo si sgrana un rosario colorato e particolare.
Così
se
la
ragazza
dal
vestito
nero
e
la
testa
coperta
sorride
con
eleganza
i
versi
fanno
da
eco
“Ho
un
sorriso/
non
lo
vendo./
Non
è
saldo
di
fine
stagione/
non
lo
metto
in
prigione/
non
lo
affido
al
primo
offerente….
Se
la
foto
offre
delle
piccole
mani
il
poeta
dice:
”Sono
mani
che
sanno/
la
pietà
dell’ascolto/al
racconto
che
snoda/ dai tuoi occhi sul mondo sgranati/ e da ciascuna tua piega…
E
mentre
ancora
l’immagine
riporta
un
mongolo
a
cavallo
la
poesia
sarà
”…
ed
è
un
cavallo
di
cristallo/
il
mio
indomabile
cuore/
mentre
cavalco
un
futuro/
di
impalpabili
illusioni,/
eteree
nuvole/
che
il
mio
tempo
fuggente/ disegnano di un colore/ infinito di speranza”.
C’è
un’apparenza
che
va
sfatata,
quella
di
credere
che
la
fotografia
in
generale
la
faccia
da
padrona
nei
libri illustrati pur se lasciata al commento dello scrittore.
In
questo
caso,
non
me
ne
vogliano
gli
amici
Nicoletta
e
Fabio
la
cui
bravura
ed
efficacia
nel
fotografare
è
indiscutibile,
in
qualche
modo
il
gioco
si
ribalta
per
quella
genialità
artistica
che
ha
sempre
distinto
Giacomo
De
Nuccio
che
“a
piedi
scalzi”
ormai
da
molto
tempo
insegue
la
Grande
Gioia,
quella
del
sublime
incastro
dei suoi pensieri con i suoi atti quotidiani.
Si
tratta
di
un
“viaggio”
assolutamente
unico
che
spesso
elargisce
a
chi
conosce
e
frequenta
Giacomo
l’idea
che
la
vita
sia
qualcosa
di
veramente
straordinario,
anche
se
noi
spesso
ce
ne
dimentichiamo.
E
Giacomo
De
Nuccio,
in
questi
giorni
dottore
in
Lettere
Moderne
(Dipartimento
di
Filologia,
Lettere
e
Linguistica dell’Università di Pisa) è qui proprio per farlo con dovizia di particolari.
LUDOVICA CANTARUTTI
Pordenone, 10 ottobre 2014
UN SORRISO
Ho un sorriso,
non lo vendo,
non è saldo di fine
stagione,
non lo metto in prigione,
non lo affido al primo
offerente.
Con grande parsimonia
lo dispenso.
Follia pensare
di poterlo regalare,
non piace alla gente
quel che non costa niente.
L'ULIVO
Nocche paffute
si intrecciano morbide
sulle ferite del tempo.
Cosa sussurrano
le mani di un bambino
nella carezza azzardata
alle tue giovani rughe?
Sono mani che sanno
la pietà dell’ascolto
al racconto che snoda
dai tuoi occhi sul mondo sgranati
e da ciascuna tua piega.
A te che avamposto di pace sei
un sorriso evocano
e il loro profumo tacciono
alla nostra assurda pretesa
d'essere uomini,
noi che memoria non abbiamo
d'essere alla tua ombra nati
giacomodenuccio.it