 
 
  Come fare ad essere
  legare la vita, esistere.
  Non aspetterò che di trasformarmi
  Io nascerò di nuovo.
  (Giacomo 1995)
 
  
 
 
   
   
 
 
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  Modena 
  14 Dicembre 2012
  percorso formativo di
  Medicina
  Narrativa
  "Con il termine di Medicina Narrativa (mutuato dall’inglese Narrative Medicine) si
  intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica
  competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per
  acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono
  nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un
  percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si
  integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle
  prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate,
  efficaci e appropriate. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un
  elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla
  partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le
  loro storie, diventano protagoniste del processo di cura.»
  (www.medicinanarrativa.it )
  Testimonianza di Giacomo (sintesi)
  Buonasera a tutti.
  Sono felice di trovarmi qui, in vostra compagnia.
  Mi chiamo Giacomo De Nuccio, ho 23 anni e vengo da Pisa dove attualmente mi
  trovo per affrontare gli studi universitari, frequento infatti il terzo anno del corso di
  Lettere moderne.
  Che ho delle difficoltà è evidente. La Sindrome che le causa, se vogliamo proprio
  darle un nome, è la sindrome di Martin-Bell, comunemente detta Sindrome 
  dell’Xfragile.
  Con la lettera x in genere si indica una incognita, qualcosa da determinare,
  qualcosa che apparentemente non ha identità. In questo caso la nostra X sta a
  indicare uno degli elementi della ventitreesima tra le coppie dei nostri cromosomi e
  quel “fragile” si riferisce ad una fase del processo di indagine per determinare la
  presenza della Sindrome e non è relativo, come potremmo essere indotti a pensare,
  alla condizione delle persone affette.
  Al contrario noi possessori di questa speciale X siamo piuttosto tendenti al robusto
  e non ci ammaliamo facilmente né siamo da considerare già ammalati.
  Dunque sono Giacomo e sono qui su gentile invito di Rosalba Mele.
  Ne sono assolutamente lusingato.
  Come dicevo sono molto onorato per l’invito ma non voglio nascondere che quando
  ho ben focalizzato l’impegno e il contesto ho avuto la seria tentazione di ritornare
  sui miei passi, non l’ho fatto ed eccomi qui.
  Ringrazio Rosalba per gli spunti per le mie riflessioni che verranno intersecate e
  integrate da alcune pagine de “il Posto di Giacomo” con dei passi inediti e delle
  poesie, essendo questo lo strumento con il quale mi sento particolarmente a mio
  agio nel comunicare la “mia realtà emotiva”.
  I miei “limiti” ….
  I miei limiti sono in gran numero e tutti hanno buona memoria. Ogni giorno si
  ricordano di bussare alla mia porta, ogni giorno non posso fare a meno di aprire la
  porta e loro entrano senza chiedere il permesso, invadono. Nella mia casa si crea
  un disordine evidente a cui bisogna porre rimedio. Diciamo che ce ne sono di meno
  capricciosi che si presentano sempre con lo stesso vestito, si fanno riconoscere e
  con questi, pur sempre ospiti indesiderati, ho stretto un patto di alleanza: entrano
  ma portano un disordine ordinato che riesco a tenere sotto controllo, siamo quasi
  diventati amici.
  Con gli altri il rapporto è più tempestoso, pur accettando la loro presenza sono
  sempre alla ricerca di un compromesso.
  I miei limiti vengono da una condizione genetica e non mi è consentito sbarrare loro
  la porta, rientrerebbero dalla finestra, quello che posso fare è allenarmi a superarne
  alcuni, allargare le sbarre della loro gabbia, ma sono consapevole che non potrò
  mai liberarmi del tutto, per tutta la vita sarò costretto ad allargare maglie pronte a
  richiudersi.
  Tutto questo ha perso drammaticità nel tempo, io sono io e sono come sono. Tutto
  sommato non mi dispiaccio e la vita è fatta di tante cose alcune delle quali
  sembravano essermi precluse e invece…invece sono qui e sto raccontandovi una
  storia partita come un film horror che sta via via trasformandosi in commedia,
  brillante spero. Naturalmente devo tantissimo alla mia famiglia senza la quale sarei
  ancora solo e per sempre il bambino spaventato di vent’anni fa e molto mi ha
  aiutato riuscire a tradurre in parole la mia interiorità.
  […….]
  La poesia….
  Credo che l’amore per la parola, “quella giusta, quella e nessun’altra” direbbe la
  mia docente di Letteratura contemporanea, sia nato con me e dalla difficoltà di
  pronunciare al momento opportuno i più adeguati tra tutti i suoni, tanto chiari e
  distinti quanto irraggiungibili, che si rincorrevano nella mia mente e nel mio cuore e
  si rifiutavano di percorrere la strada dell’espressione verbale.
  Parole della razionalità e parole dell’emotività, una realtà che mi appartiene e che
  ancora oggi non imbocca la naturale strada della comunicazione, troppo lunga per
  risultare percorribile, e cerca viuzze a latere, scorciatoie.
  Il linguaggio poetico, nella sua estrema sintesi, è una di queste e così ho provato a
  percorrerla allora come oggi. La mia esperienza personale mi porta a pensare che la
  poesia è dentro di noi e poeta è solo chi sa leggerla. Ecco se devo dire che cos’è
  stata la poesia per me direi che ha incarnato lo stupore, la meraviglia, il piacere
  della scoperta che hanno spinto sulle mie labbra il primo “Mamma!” ad alta voce e
  si sono concretizzati in pochi versi, più efficaci e soprattutto più semplici per me di
  un lungo discorso.
  Essere su una nave che va alla deriva senza timone né timoniere, legato al palo
  della difficoltà, ingabbiato in una definizione e relegato per sempre in una solitudine
  che è morte civile…difficile non essere costantemente disperato, quasi impossibile
  non lasciarsi andare e diventare nessuno. La poesia di altri mi ha aiutato a capire
  che la mia sofferenza non era affatto condizione singolare ma assolutamente corale,
  la mia poesia, proprio perché mia, ha accolto la mia interiorità e nello stesso tempo
  l’ha offerta al mondo aiutandomi a mostrarmi come sono.
  “Sentirsi” una persona e come tale vissuta al di là dei propri limiti e
  delle manifeste difficoltà non dipende solo da noi.
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