Padova, 14 febbraio 2018
Cappella Universitaria San Massimo
LA FIDUCIA DELL’ALTRO E NELL’ALTRO (sintesi)
Giacomo De Nuccio
Buonasera a tutti.
È un onore per me essere ancora tra voi.
Sono
passati
diversi
anni
dal
precedente
mio
intervento
pertanto
per
coloro
che
non
mi
conoscono
affatto
dirò
che
il
mio
nome
è
Giacomo,
ho
28
anni
e
vengo
da
Pisa
dove
mi
sono
trasferito
per
iniziare
il
mio
percorso
universitario,
percorso
che
ho
momentaneamente
completato
nel
novembre
scorso
conseguendo
la
laurea
magistrale
in
Lettere moderne.
È
evidente
che
io
ho
dei
limiti,
ma
direi
che
quelli
che
non
si
vedono
superanodi
gran
lunga
quelli
visibili
e
mi
fanno
appartenere
a
pieno
diritto
alla
nutrita
schiera
dei
diversi
.
Inutile
anche
sottolineare
che,
a
causa
della
mia
condizione,
le
difficoltà
non
sono
mancate,
soprattutto
a
scuola.
Ho
sempre
tenuto
molto
alla
mia
istruzione,
d’altra
parte,
e
in
questo
mi
ritengo
molto
fortunato,
imparare
è
ciò
che
mi
riesce
meglio.
Tuttavia,
per
assurdo,
nel
mio
percorso
scolastico
l’ostacolo
maggiore
è
stato
proprio
la
mia
capacità
di
apprendere:
per
gli
altri,
soprattutto
per
molti
dei
miei
insegnanti,
è
stato
difficile
accettare
una
realtà
tanto
contrastante
con
la
mia
apparenza.
Tuttavia
se
sono
riuscito
ad
andare
avanti,
a
continuare
gli
studi
non
è
solo
merito
della
mia
tenacia
ma
anche
del
fatto
che
in
ogni
tappa
almeno
una
persona
ha
creduto
in
me,
mi
ha
dato
la
sua
fiducia.
Quando
questo
non
è
successo,
sono
stato
costretto
a
fermarmi
finché
un’altra
scuola
non
è
stata
disposta
ad
accogliermi.
“Proviamo!”
disse
la
preside
e
io
le
sono
ancora
grato
per
quel
dubbio
che
non
le
ha
impedito
di
annoverarmi
tra
i
suoi
allievi
e
mi
ha
permesso
di
meritare
il
diploma
e
quindi l’accesso all’Università.
.........
La
maggior
parte
della
mia
vita
si
è
svolta,
come
per
tanti
della
mia
età,
in
un
banco,
io
non
sono
mai
stato
tanto
a
mio
agio
come
tra
quelli
dell’Università.
Il
mio
percorso
universitario
è
stato
ricco
di
soddisfazioni
e
di
questo
devo
in
parte
ringraziare
i
miei
docenti
e
i
miei
colleghi
che
non
mi
hanno
mai
fatto
sentire
fuori
posto
o
inadeguato,
ma
molto
devo
anche
alla
letteratura,
a
tutti
gli
autori
e
a
tutti
i
loro
personaggi,
all’incontro
con
tutti
quegli
altri
nati
dalla
fantasia
eppure
tanto
vicini
alla
realtà.
La
vita
è
fatta
di
incontri,
imparare
a
gestirli
è
essenziale,
ma
proprio
incontrare
l’
altro
,
incontrarlo
come
tutti
fanno
è,
invece,
una
delle
mie
principali
difficoltà.
Forse
dovrei
dire
che
sostenere
l’incontro,
l’emozione
dell’incontro,
riversarvi
i
miei
sentimenti
in
modo
palese
e
comprensibile
è
per
me
ancora
un
grosso
problema.
Ecco,
io
impiego
tutte
le
energie
nella
programmazione
dell’incontro,
consumo
i
sentimenti
nell’attesa;
se
poi
l’incontro
è
inatteso,
le
poche
armi
che
ho
si
spuntano definitivamente.
.........
[
.....]
la
letteratura
è
in
buona
parte
finzione,
immaginazione,
ma
la
realtà,
prima
di
essere
atto,
non
è
forse
immaginazione?
Ecco
allora
il
mito
a
ricordarci
che
eterno
e
irrisolto
è
il
problema,
se
così
lo
vogliamo
definire,
dell’identità,
le
fiabe
a
dare
voce
alla
meraviglia,
alle
paure,
ai
desideri
che
sono
in
noi,
il
racconto
di
coloro
cui
la
vita
ha
regalato
il
marchio
della
diversità
e
più
di
altri
appaiono
irraggiungibili
ad
evidenziare
che
il
nostro
sguardo
deve
essere
decolonizzato
se
vogliamo
raggiungere
l’
altro
e
comprendere
noi
stessi.
Da
queste
mie
considerazioni,
soprattutto
dal
desiderio
di
comprendere
meglio
me
stesso
attraverso
l’esperienza
di
altri
,
è
nata
la
scelta
dell’argomento
della
mia
tesi:
“L’incontro
con
l’
altro
: la
diversità
tra mito, fiaba e realtà.”
.........
Protagonista
del
mio
lavoro
è
dunque
l’incontro
con
la
diversità
,
la
difformità,
l’
altro
che
differisce
dalla
norma
codificata,
che
a
volte
sembra
appartenere
addirittura
ad
un
altro
pianeta e non necessariamente per l’aspetto fisico.
.........
Tra
i
personaggi
straordinari
e
reali
incontrati
durante
le
ricerche
per
la
stesura
della
mia
tesi
c’è
lo
scultore
cieco
Felice
Tagliaferri
che
ha
fatto
dell’Arte
lo
strumento
di
comprensione
e
di
incontro
del
proprio
mondo,
quello
della
diversità,
con
il
mondo
dell’
altro
,
con
il
mondo
della
normalità.
A
chi
ha
la
fortuna
di
ammirare
le
sue
opere
viene
spontaneo
chiedersi
come
fa
una
persona
non
vedente
a
dedicarsi
alla
scultura
e
a
realizzare
opere
tanto
emozionanti,
capolavori
come
il
Cristo
ri-velato
,
scolpito
senza
neanche
aver
potuto
toccare
il
Cristo
velato
,
l’opera
di
Giuseppe
Sanmartino
dalla
quale
ha
tratto ispirazione.
.........
Chi
conosce
minimamente
il
percorso
di
Tagliaferri
sa
che
egli
ha
sviluppato
capacità
che
superano
la
vista
e
che
è
in
grado,
per
esempio,
di
riconoscere
i
colori
attraverso
il
tatto,
di
ascoltare, come sostiene, le vibrazioni diverse che colori diversi emanano.
.........
[
La
storia
di
Tagliaferri
]
non
inizia
nel
momento
in
cui
diventa
cieco
ma
dal
momento
che
la
sua
amorevole
famiglia
(l’
altro
)
si
è
presa
cura
di
lui,
gli
ha
dato
fiducia
aiutandolo
a
sviluppare
la
fiducia
in
se
stesso
e
negli
altri.
È
questo
che
gli
fa
accettare
la
sfida
che
la
vita
gli
lancia,
che
lo
aiuta
a
rinunciare
a
ciò
che
purtroppo
non
gli
appartiene
più
senza
per
questo
rinunciare
alla
vita:
studia,
lavora,
conserva
integra
la
propria
sensibilità
e
quando
lo
scultore
Nicola
Zamboni
istituisce
un
corso
di
scultura
per
non
vedenti
decide
di
frequentarlo,
di
avere
fiducia
con
i
risultati
che
oggi
tutti
possiamo
ammirare.
Raccontato
così
potrebbe
sembrare
un
percorso
lineare,
quello
di
una
persona
intelligente
e
capace
che
ha
saputo
cogliere
l’opportunità
di
imparare,
ma
non
è
così:
non
si
vede
l’impegno,
non
si
vede
la
fatica
di
un
simile
imparare,
non
si
vede
ciò
che,
a
mio
parere,
ha
sostenuto
Tagliaferri:
la
fiducia
dell’altro,
la
fiducia
in
se
stesso,
la
fiducia
nell’altro.
Nel
mio
piccolo
posso
dire
la
stessa
cosa:
ho
una
famiglia
che,
accompagnandomi
in
percorsi
dai
più
ritenuti
improbabili,
ha
rinforzato
la
fiducia
in
me
stesso,
pochi
amici
che
non
si
sono
dileguati
e
si
sono
lasciati
contagiare,
tanti
docenti
che
sono
andati
ben
oltre
l’apparenza,
fiduciosi
che
qualcosa
da
scoprire
ci
fosse.
Il
mio
grazie
è
per
tutti
loro
e
anche
per
i
temporanei,
occasionali
compagni
con
i
quali
ho
piacevolmente
condiviso
a
tratti
il
viaggio
della vita.
.........
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