GIACOMO DE NUCCIO
Come fare ad essere legare la vita, esistere. Non aspetterò che di trasformarmi Io nascerò di nuovo. (Giacomo 1995)
COME LA COMUNICAZIONE FACILITATA MI HA CAMBIATO LA VITA Giacomo De Nuccio Buongiorno a tutti. Alcuni di voi mi conoscono, per gli altri dico che sono Giacomo, ho 26 anni, ho conseguito l’anno scorso la laurea triennale in Lettere moderne e sto continuando il mio percorso universitario per conseguire la laurea magistrale sempre in Lingua e Letteratura Italiana. Partiamo da qui per rispondere al ricorrente quesito che mi viene posto: “la CF ha cambiato la mia vita? E se sì, in che modo?” Oggi dunque io sono, e con soddisfazione, uno studente universitario. Parlo della mia soddisfazione naturalmente perché studio e lo faccio nell’ambito che amo, ma parlo anche della soddisfazione della mia famiglia e anche di quella di molti miei docenti, di grande apertura mentale, felici di scoprire in me insospettabili  e, aggiungerei, inspiegabili qualità. Insospettabili , inspiegabili …  aggettivi che, per quanto riguarda la mia persona, da sempre fanno riferimento ad una condizione che non lascia intravedere possibilità alcuna. Cosa mi ha permesso allora di percorrere la mia strada? E cosa mi permette di scambiare quattro chiacchiere con un amico o di dialogare con voi oggi? La risposta sembra scontata: “Caro Giacomo sulla tua strada hai incontrato la CF ed eccoti qui”. È vero, ho incontrato la CF ed è stato un incontro fortunato. Tuttavia dobbiamo prendere in considerazione il fatto che non c’è, secondo la mia esperienza, un rapporto di causa-effetto immediato tra l’applicazione di una tecnica e il buon esito di un percorso di vita. Chiarisco il mio pensiero. Parliamo brevemente della CF: - La CF è una tecnica e non la panacea di tutti i mali, è uno strumento. - Non è detto che, in quanto strumento, funzioni per tutti e per tutti allo   stesso modo, ma se è noto che non tutti i violinisti sono Paganini e non   tutti i violini sono Stradivari, si può essere musicisti e strumenti con propria dignità. - Occorre che chi usa la CF abbia imparato a farlo nel rispetto di severe regole non   solo pratiche ma anche e soprattutto etiche. Nessuno si senta offeso, vi prego, da queste mie esemplificazioni quasi ovvie per un sano operatore del settore, desidero solo dire che la CF, tecnica di comunicazione aumentativa alternativa, richiede cautela, forza, tenacia e onestà intellettuale superiori a quelle necessarie per svolgere altri lavori e, non ultimi, un profondo rispetto per la persona alla quale si rivolge, abbia questa 5 o 50 anni, e la capacità di abbandonarsi allo stupore della vita che si rivela perché colui che, seppur condannato da un qualsiasi accidente a tacere il proprio essere, riesce finalmente ad esprimerlo, e certamente non senza fatica, nasce un’altra volta, nasce a nuova vita, una vita in cui scoprirsi e tutta da scoprire. Ritengo limitativo racchiudere tutto questo nell’incontro con la CF che è stato, sì, un fattore fondamentale per dare inizio ad un capitolo del tutto insospettabile  della mia esistenza, ma non è stato l’unico. Accanto alla CF devo aggiungere le energie e l’impegno sincero di tutte le persone che mi hanno affiancato e mi hanno aiutato a sollevarmi ad ogni caduta contando anche sul mio ostinato desiderio di farcela, primi fra tutti i miei familiari. È grazie anche alla fiducia che mi è stata accordata, in barba a qualsiasi etichetta, che oggi posso dire con un pizzico di orgoglio “sono uno studente universitario” e ogni giorno, mentre mi rivelo agli altri, vado con umiltà alla scoperta di un ancora inspiegabile  me stesso come ogni comune mortale. Ad esemplificazione di quanto dico mi piacerebbe leggervi l’ultimo articolo scritto per Cicoria , pubblicazione trimestrale dell’Associazione via Montereale di Pordenone, con la quale collaboro. GREMBIULINI E PAPILLON Osservo una vecchia foto in cui mia madre tiene per mano me, grembiulino a quadretti con tanto di fiocco e sorriso tirato, e cerco di ricordare il volto di mio padre che mi ritrae nel mio primo giorno di scuola materna. Poi penso che oggi sono uno studente universitario, che ho sostenuto esami fino al 23 luglio scorso sotto lo sguardo perplesso di mio padre e il classico ottimismo di mia madre in una Pisa con 40° all’ombra e quel lontano giorno in cui non ho saputo neanche far capire all’insegnante che avevo la necessità di andare in bagno cessa finalmente d’essere un incubo. Mai sessione d’esami mi è sembrata più divertente e leggera . Trattandosi di letteratura è stato certamente piacevole leggere un numero ragguardevole di testi spaziando da Cecco Angiolieri al recentissimo Antonio Moresco con un’ultima tappa tra la poetica di Goldoni, gli strani personaggi di Pirandello e un Moravia scrittore per il teatro a me del tutto sconosciuto, ma il motivo della mia contentezza è un altro. Per ovvie ragioni, ho sempre eseguito prove scritte anche quando l’esame non ne richiedeva alcuna, in un giorno diverso da quello dei compagni, con una scrivania tutta per me e in solitudine, cioè senza interazione con il docente anche se sotto il suo occhio vigile. Devo dire che, per quanto soddisfacenti siano stati i risultati, sono sempre tornato a casa con una punta di amarezza e il mesto pensiero che mai avrei potuto dialogare con l’esaminatore come accade ai parlanti, che avrei indossato per sempre un grembiule a quadretti. Ebbene mi sbagliavo. In ognuno degli ultimi esami ho risposto all’appello, ho atteso a lungo il mio turno come tutti gli altri e soprattutto ho risposto a domande dirette, formulate al momento e a voce dal docente di turno. È chiaro che ho risposto scrivendo, ma che soddisfazione poter interagire, discutere, obiettare, trovarmi finalmente in una condizione comune e scoprire di essere in grado di affrontarla! Addio per sempre grembiulino, oggi tocca all’abito blu e al papillon. Ricapitoliamo: se a questo punto vi state chiedendo se siamo caduti nell’annoso problema di chi è nato prima tra l’uovo e la gallina, tento di risolvere l’enigma: da sempre lavoro duramente per continuare a progredire, non solo negli studi, e ancora oggi le difficoltà legate all’X-fragile, tra cui la disprassia che mi impedisce di usare penna e voce in modo funzionale, tormentano i miei giorni perché, come i diamanti della pubblicità, una sindrome genetica è per sempre eppure giorno dopo giorno muovo passi simili a quelli di tanti altri ragazzi cosiddetti normali superando limiti apparentemente per me invalicabili e conquisto nuova soddisfazione del vivere e sprazzi di felicità. Ma se non avessi incontrato la CF, impegno e fatica non sarebbero bastati, non avrei potuto rivelare la mia essenza, non in modo tanto leggibile nelle sue sfaccettature. Per questo oggi, felice che altri compagni di avventura abbiano intrapreso con successo la mia stessa strada, con gioia festeggio insieme a voi il VENTENNALE di quel mio incontro e pazienza se l’enigma sembra ancora insoluto. Grazie, a tutti auguro buon lavoro e fortunati incontri.
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